19 aprile 2011

L'accettazione dello strumento.

Questo post tratterebbe di argomenti con priorità differenti rispetto all'ordine in cui vorrei scriverlo.

Consigliarvi il blog (e sito) dell'amica/collega Linda Cavallini  dovrebbe far parte di un discorso in divenire sulla freschezza e la spontaneità che bisognerebbe possedere, o imparare a possedere, per  fare questo lavoro. 
Ma l' "importanza" di consigliarvi di guardare un'illustratrice tanto talentuosa trascende, appunto, l'ordine mentale con cui volevo affrontare la stesura del post. Per cui, innanzitutto, mettete tra i preferiti del vostro blog quello di Lia, che ha un sacco di materiale fighissimo da mostrarci  e poi leggete qui le mie pippe mentali sul nostro lavoro.

Forse è una cosa che non capita a tutti, o forse è una paranoia con cui devono fare i conti più artisti di quanto si possa immaginare, fatto sta che per me non è così facile "accettare" alcuni miei strumenti di lavoro. Sto parlando ovviamente e soprattutto della colorazione. 

Mi è capitato anche in quest'ultimo workshop di ribadire il fatto che "a me, della colorazione digitale, importa molto poco". 
Ho iniziato a studiare il colore attraverso le tecniche tradizionali e mi ero appassionato molto soprattutto alle tecniche coprenti e semi-coprenti (adoravo spasmodicamente la tempera e stavo per metabolizzare l'acrilico). Poi le esigenze del lavoro mi hanno "obbligato" a confrontarmi con la colorazione digitale, e da li in poi è stato un trauma. Passare dall'emozione di vedere vivere il "calore" della carta che prende vita attraverso le proprie pennellate, al freddo pungente e stancante di un monitor "piatto" e "informatizzato" ha completamente stravolto tutto il mio personale metodo per affrontare questo lavoro. I tempi si sono voluti "accelerare", la mente ha cominciato ad "assopirsi" (con il computer basta 1 levetta per cambiare drasticamente tinte di colore già stese), e l'effimero stupore di usare gli "effetti speciali", ha preso il posto della pazienza e della cura che le tecniche manuali necessitano per ottenere i risultati che si ricercano.

Ma questo è un punto di vista infantile sul "problema"...che in realtà problema non dev'essere.

Gran parte delle scelte "stilistiche" che ho fatto nel mio breve percorso professionale  sono frutto di "sfide mentali" che ogni volta, stupidamente, mi pongo. Sono in grado di disegnare realistico? beh..facciamo un progetto realistico e verifichiamolo! Sono in grado di disegnare umoristico? bah! accettiamo un lavoro "umoristico" e verifichiamolo! ecc... e questo mi porta a non avere mai una "mente tranquilla" e focalizzata su ciò che realmente sono.  L'altra facciata della medaglia, però, mi dice che io sono tutte queste cose e che, prima o poi, tutto convergerà in un unico "senso", ne ho fiducia.

Fatto sta che, mentre disegno Dei, penso a 1066, e viceversa (per farvi due esempi "vicini"). E questo, credo, nei lavori, si vede (almeno agli occhi più attenti). D'altronde è difficile separare drasticamente 2 (o più) modi differenti di relazionarsi all'anatomia. In DEI, le ginocchia e i gomiti li disegno in una certa maniera, che non è la maniera con cui li disegno in 1066, ma, appunto, è difficile essere così "analitici" nell'affrontare tavole di stili così diversi.

Anche l'utilizzo del computer per la colorazione, quindi, è partito come "sfida" personale, per poi tramutarsi in "necessità lavorativa", ed ora la sfida personale, naturalmente, sarebbe quella di riprendere in mano i pennelli. 
Ma per ora non si può. Mancano i soldi, e il tempo per farli (i soldi).

E quindi? che si fa?
Si accetta lo "strumento". Ed è qui che entra in gioco la "maturità" (avevo parlato, un po' di righe più sopra, di punto di vista "infantile"). La maturità di vedere gli strumenti a propria disposizione come delle POSSIBILITA', e non come LIMITI
Il computer diventa un nuovo linguaggio, alla portata e alla mercé di tutti. Fa parte del mondo e della società, e anche noi, per quanto fumettisti, ci siamo dentro fino al collo (alla società intendo!). C'è poco da volersene allontanare. Il mercato si muove in certe direzioni, e l'evoluzione tecnologica, e la ricerca legata ad essa dev'essere il "quid" che ci spinge a trovare un senso al nostro lavoro e agli strumenti con cui ci dobbiamo interfacciare.
Ecco, quindi, la parola chiave che deve risolvere tutte le nostre (in realtà spero solo mie) "paranoie": RICERCA. Nuovi strumenti devono per forza portarci a nuovi risultati. E qui trova "senso" il nostro lavoro.

E ora vi chiederete, cosa c'entra il blog di Linda in tutto questo? (ricordate, avevo detto che il consigliarvi il suo blog poteva far parte del discorso che volevo affrontare).

C'entra nel senso che quando vedo lavori di autori così freschi e immediati, la mia mente finalmente si riposa, sulle loro forme, e riesco veramente a capire cosa significa DISEGNARE. 
(la cosa ancora più affascinante ed estremamente buffa è sapere, scambiandomi opinioni e consigli con lei, come con altri miei amici disegnatori, che in ogni caso, tutti noi, che facciamo questo lavoro, abbiamo lo stesso genere di paranoie, e ognuno si "riposa" sul lavoro, eccelso, degli altri). :P

Disegno di Linda Cavallini

4 commenti:

  1. Il mio problema è che mi riposo troppo a guardare il lavoro degli altri...

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  2. linda è proprio brava!! :)

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  3. :) grazie.
    infinita, commossissima gratitudine, ecco.

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  4. in realtà ho scritto "riposo" per educazione nei confronti di linda. Quando vedo i lavori degli altri rosico a 1000!!! altro che riposo!!!!!

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